La recensione di “Sharenting” (Mondandori) sul blog “La mente pensante”

Nel gennaio 2023 il blog “La mente pensante” ha pubblicato una recensione, a firma di Elena Galbusera, del testo “Sharenting”:

Ho letto tutto d’un fiato Sharentig, il libro di Gianluigi Bonanomi. Essendo mamma da poco questo è un tema che mi coinvolge in prima persona.

Partendo dal presupposto che il ruolo di genitore è probabilmente il più difficile da affrontare il fatto di poter avere degli strumenti utili che ci possano guidare, è fondamentale. Parlando del mondo web lo è ancora di più. Sappiamo tutti come i social siano in constante evoluzione e soprattutto come sia difficile stare al passo con questi cambiamenti soprattutto per noi che non siamo nativi digitali.

Cosa significa sharenting?

La parola “sharenting ” è una crasi di «sharing», ovvero condividere, e «parenting», ovvero essere genitori e si riferisci all’abitudine dei genitori di postare e condividere le foto dei figli. Abitudine questa che può avere dei risvolti gravi spesso ignorati. Nel libro si fa riferimento a numerosi casi di VIP che postano qualsiasi momento della vita dei propri figli ma questa, come ben sappiamo, è una pratica comune a moltissimi genitori.

Una delle prime ricerche per analizzare il fenomeno è stata condotta nel 2014, presso l’Università del Michigan, intervistando 569 genitori di bimbi fra 0 e 4 anni di età. Dalla ricerca emerse che il 56% delle madri e il 34% dei padri avevano postato sui social informazioni riguardanti i figli. Ancora più interessante un secondo dato: il 70% degli intervistati conosceva un genitore che aveva postato informazioni che potevano risultare imbarazzanti per un bambino (56%), che aveva condiviso affermazioni che permettevano di localizzare un bambino (51%), o che aveva pubblicato foto che potevano risultare inappropriate di un bambino (27%).

Conoscere i rischi

Il testo non vuole demonizzare la condivisione di foto ma dare informazioni importanti su quali possono essere i rischi e le conseguenze, spesso sconosciute, di questa pratica e su come tutelare la privacy dei propri figli.

L’autore ci fa riflettere con due semplici domande che tutti noi dovremmo porci e alle quali dovremmo rispondere con tutta sincerità prima di cliccare sul tasto condividi:

  • Perché lo faccio?
  • Cosa potrebbe pensare un domani mio figlio di questa esposizione?

Alla prima domanda la risposta è abbastanza semplice. Le motivazioni che spingono mamme e papà a condividere le foto dei propri pargoli sono: la gioia della condivisione, l’orgoglio, l’appagamento narcisistico e la pressione sociale. Mentre le prime due motivazioni sono tutto sommato positive le altre due lo sono meno e sono le classiche motivazioni dettate dai social. Il mettersi in mostra, il far vedere come siamo belli e bravi nel ruolo dei genitori ed ottenere delle conferme attraverso i Like.

Un dato relativo alla seconda domanda ci viene fornito da uno studio italiano del 2016 scopriamo che l’87% delle mamme crede di avere il diritto di pubblicare foto dei figli e analoga percentuale non ha mai consultato i figli prima di condividere le loro foto. Ma il problema si pone quando il nostro bimbo/a avrà raggiunto un’età tale da essere consapevole che la propria immagine, magari con scatti che a mamma e papà sembravano simpatici e invece sono per lui/lei imbarazzanti, girano sul web. Ed è qui che entra in gioco il discorso della violazione della loro privacy esponendo i bambini/ragazzi ad alcuni pericoli come il cyberbullismo, il cyberstalking, il furto di identità e l’ancora più pericolo grooming (adescamento), fenomeni ben analizzati nel testo.

Non sappiamo chi si cela dietro lo schermo

Ricordiamoci sempre che una volta che una foto è stata postata è di dominio pubblico, è nel web e lì rimane! E soprattutto che dall’altra parte dello schermo esistono persone reali e non sempre con buone intenzioni. A me come a tantissimi bambini hanno sempre detto di non parlare con gli sconosciuti ed è proprio questo che stiamo facendo postando le foto dei nostri figli, li stiamo dando in pasto a dei perfetti estranei.

Il libro tratta ampliamente anche i vari aspetti legali dello sharenting.

A chiusura troviamo diverse interessanti interviste agli esperti del settore in grado di chiarirci ancora di più le idee, e un test sullo sharenting al quale, devo essere onesta, ho risposto in totale serenità. Questo perché è mia abitudine non postare mai foto della mia bambina. Sarà che conosco Gianluigi da anni e abbiamo sempre parlato di questa tematica (ancora prima di diventare mamma), inoltre sono gelosa della mia privacy e in più faccio parte ancora di quella generazione che ama la carta e che quindi stampa le foto e riempie migliaia di album da condividere solo con amici e parenti.

A tutti gli incontri che l’autore tiene su questo tema è solito spiegare le diverse ragioni per le quali le sue figlie non sono online tra queste una tra le tante è che “le mie bimbe sono persone e in futuro avranno il diritto di gestire la propria presenza online come meglio credono, senza essere associate alle foto che ho diffuso io. I figli, inoltre, ci chiedono coerenza: come posso dire alle mie figlie di non sovraesposti, per esempio postando selfie in continuazione, se fino al giorno prima ho pubblicato io le loro immagini?”.

Come dargli torto?

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